Origami

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Il nome del Colle Crosio deriva dal bergamasco “Cros”, cioè croce, perché inizialmente ospitava solo una croce in legno. Con la sua chiesetta del 1590 dedicata alla SS Trinità, è sempre stata la vedetta di Clusone. Nel 1630 alcuni soldati contagiati dalla peste si rifugiarono (o furono esiliati) qui, ma un falso allarme di invasione straniera li spinse a riscendere in Paese, causando la diffusione dell’epidemia.
Qualche anno fa Genny, la voce narrante di questi ricordi, ha organizzato un piccolo presepe vivente lungo il sentiero che sale verso la chiesetta e che oggi è costellato di santelle e totem che descrivono il viaggio di Dante (“alpinista”) dal Purgatorio verso il Paradiso.
In passato il monte, molto più spoglio di piante rispetto a come è ora, è stato un luogo di giochi e scappatelle.

Negli anni ’60 Crosio era il nostro regno. Noi bambini salivamo a gruppetti per fare merenda, giocare a nascondino tra la vegetazione che allora era rada e bassa, rovi e cespugli con piccoli frutti di bosco che noi, naturalmente, mangiavamo. Bisognava anche fare attenzione a dove appoggiavamo i piedi perché essendo molto soleggiato c’era il rischio di pestare qualche vipera.
Sul Monte Crosio ci sono ancora due ville che allora erano abitate dai “Signori” (i ricchi/villeggianti). Noi bambini stavamo a distanza perché ci mettevano in soggezione, ma una casa modesta, abitata da un’anziana signora, era la nostra meta preferita. Facevamo quelli che a noi sembravano scherzetti divertenti, ma lei si vendicava vuotandoci addosso dalla finestra il suo vaso da notte!
Salivamo poi fino in cima e scendevamo a scivolo fino in fondo, senza far troppo caso a graffi e ginocchia sbucciate.
Durante la festa della SS Trinità, a giugno, ricordo piacevolmente le salite a Crosio con tutta la famiglia. Dopo la Santa Messa si festeggiava mangiando schisada e bevendo spuma seduti su coperta in mezzo al prato fuori dalla chiesetta.
Negli anni ’70, Crosio diventa nascondiglio per gli studenti della scuola media che marinavano le lezioni. Venivano però purtroppo sempre scoperti dai bidelli che chiamavano i genitori, le punizioni non tardavano poi ad arrivare!
Storie popolari raccontano di un innamorato che scrisse una lettera d’amore a quella che sperava potesse diventare la sua fidanzata, dichiarando orgoglioso ciò che le poteva offrire come dote: “Tengo una ripa in Crosio e tre picciorlini (porcellini) nella stalla”.
Durante il periodo primaverile ed estivo, visto che non c’erano i CRE, noi bambini salivano in Crosio a giocare. Ci dividevamo in gruppetti e ognuno costruiva un proprio fortino con materiali di fortuna (rami, foglie, ecc.) e poi cominciava la guerra tra fortini. Il gioco consisteva nel conquistare e distruggere quelli degli altri. Era un gioco, nessuno si disperava quando il proprio fortino veniva distrutto e il giorno successivo si ricominciava come se nulla fosse successo: era un continuo costruire e distruggere. Erano giochi molto semplici che ci occupavano pomeriggi interi.

“Archivio Fotografico Cesare Cristilli. MAT – Museo Arte Tempo Città di Clusone”